Omnia enim undecunque didicimus, nostra sunt, nisi forsan abstulerit ea nobis oblivioPetrarca, Familariarum rerum, VI, 2
Come un album di famiglia, le cui pagine hanno perso il loro ordine cronologico. Come un mazzo di carte sparso su un tavolo. Una regina con il 2, un re con il 3, accostamenti apparentemente casuali, ma reali, perché immagini che hanno un tempo e un luogo. Così si presentano Recueil 28 + 29, come un’indagine su un luogo e sul tempo di quel luogo. Il luogo è Palermo, il capoluogo siciliano, il tempo, invece, non ci è dato di saperlo. Le fotografie di Cecile sembrano recenti, scattate forse nell’arco degli ultimi otto anni, ma se le immagini sono recenti è il loro contenuto che non lo sembra. La città fotografata dall’artista svizzera sembra un luogo che si oppone allo scorrere del tempo, ma si badi, non in un’ottica conservativa. Allo scorrere del tempo Palermo si oppone con un’altra idea di tempo. Nelle fotografie di Hummel ogni dettaglio invoca un suo tempo, una sua storia, che spesso stride con l’elemento che gli sta accanto, perché a sua volta quell’elemento invoca e ci narra del suo tempo. La composizione delle immagine scopre così un amalgama di elementi che non è solo oggettuale, ma è anche culturale, le voci degli elementi si mischiano, stridono e si incastrano in una perfezione incerta di cui si è persa l’origine. I banchi precari su cui viene esposta la merce nei mercati storici, parcheggi improvvisati davanti a chiese millenarie, i volti così differenti tra loro di donne e uomini nelle processioni religiose, la rigogliosa natura ora isolata, ora colta tra cumuli di oggetti abbandonati, il mare negato dalle costruzioni di case abusive. Il mare, a cui la città dal dopo guerra e a causa del “Sacco di Palermo” (la speculazione edilizia portata avanti dalla mafia che ha trasformato, svuotando, il centro storico) sembra voltare le spalle, è un protagonista nascosto nelle immagini: la Cala, porto naturale e il primo quartiere di Palermo fondato dai Fenici, e poi approdo dei tanti popoli che hanno lasciato il loro segno nella città, riconquista la sua forza vitale, è la strada delle processioni colme di bambini, è lo scenario per le foto di matrimoni sul parco creato dai detriti della seconda guerra mondiale, è il quartiere dove si mangia il pesce per strada. La cala è di nuovo un porto aperto che guarda il mare e il rispecchia il suo incessante muoversi. Ogni foto di Recueil 28 + 29 ha un senso indipendente e autonomo, ma allo stesso tempo non completa il proprio significato in se stessa. E’ nella relazione tra le varie foto che va colto il significato di ogni singola immagine. Ogni immagine è un’associazione mentale, un ricordo di un tempo che si associa ad un altro tempo creando una catena inaspettata di significati, un amalgama in cui nessun elemento prevarica l’altro.